Quando le radici sono forti

Quando le radici sono forti

Nel Profumo del Mosto Selvatico, lei è legata alla famiglia, schiacciata dalle regole paterne estremamente rigide, chiuse, fisse.

Lui invece è un orfano, senza passato degno, senza un futuro chiaro, intruso e spaesato in una casa che non è la sua, come, del resto, non lo è nessuna, in nessun angolo del mondo.

È la stessa storia di Lilli e il Vagabondo, di Enea e Didone, di Rossella e Rett, di Aladino e della figlia del Sultano.

È la storia dell’Eroe dai mille volti che gira tutto il mondo, partito dal centro del tempio e migrato qua e là, come un polline ascensionale, ramingo ed esule, fino a che qualcosa di misterioso che alcuni chiamano Fato, lo induce a ritornare alla terra.

Infine, grazie ad una forza ancora più misteriosa, l’eroe potrà riuscire a radicarsi e ad attecchire.

Questa faccenda dell’amore, come direbbe Merlino a Semola, come quella del Vivere, è una continua danza di incontri, separazioni e ritorni.

Di cerchi che si chiudono, ma che non combaciano mai con lo stesso punto da cui sono iniziati.

Nel film, è il Fuoco l’elemento alchemico che tutto trasforma, che distrugge le vigne, che fa crollare il patriarca davanti al Femminile Sacro:

“Insegnami”, implorerà il padre a sua figlia.

Mentre tutto viene distrutto per essere rifondato su nuovi princípi, l’Uomo Nuovo, colui che ha conquistato il cuore della principessa, sa dove dirigersi: alla Radice primaria, alla terra. L’unica verità ad essere sopravvissuta.

“Piantala, crescerà”.

“Non so come si fa”.

“La donna, tua moglie, ti insegnerà”.

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