Il Cerchio di Protezione

Il Cerchio di Protezione

Prima che inizi il suo Viaggio, prima di abbandonare la sua casa di nascita, la Fanciulla Senza Mani riuscirà a respingere il Diavolo, quell’entità rapace a cui il padre, avido e ignaro, l’aveva inconsapevolmente promessa.

Per 3 volte la Fanciulla Senza Mani eviterà di essere ghermita: tramite la pulizia, grazie ad un pianto lungo e pieno di dignità e, infine, grazie ad un CERCHIO MAGICO che, senza che nessuno glielo abbia mai insegnato, traccerà spontaneamente, quasi “in trance”, tutto intorno a sé, con del gesso bianco.

Subito dopo, amputata, disorientata ma decisa a partire alla ricerca di se stessa, la Fanciulla Senza Mani troverà un Bosco Magico che la nutrirà.

Con questa fiaba, immensamente ricca di dettagli e di significato, le nostre coscienze vengono immediatamente trasportate in una dimensione magica e antica, quella di Ecate, di Medea, di Circe (il cui nome è già legato al Cerchio), la dimensione delle grandi maghe delle origini del tempo, un archetipo a cui la protagonista sembra appartenere di diritto, secondo un suo personalissimo Progetto Senso.

Già all’inizio della fiaba, la ragazza viene descritta intenta a pulire il cortile dietro casa con una ramazza di Salice, particolare non casuale.

Le raccoglitrici, le herbane e le anziane sagge dei villaggi conoscevano e rispettavano il rituale del Cerchio sul Terreno prima della raccolta dei Semplici e delle erbe mediche o velenose.

Proprio in questo periodo dell’anno, quando sorge la costellazione del Cane, veniva raccolta la VERBENA. Per la sua somiglianza con l’erba ferraria, veniva prima circoscritta con il ferro, senza “essere visti né dal Sole né dalla Luna, nutrendo prima la terra di favi e miele, a scopo espiatorio, sollevando in alto la pianta con la mano sinistra”.

Al contrario, la RUTA non doveva essere mai toccata con il ferro, ma anche intorno a lei veniva tracciato il cerchio, per la precisione 3, concentrici: uno d’avorio, uno d’oro, uno d’argento. La Ruta era considerata un’erba saggia, a cavallo tra i mondi, perché crescendo spesso intorno al Fico, era pregna delle conversazioni avute con l’albero.

Il CERCHIO MAGICO aveva diversi scopi: impedire alle forze presenti nella pianta di disperdersi, purificare la pianta, allontanare ogni malefica influenza esterna.

Nella fiaba, è come se la Fanciulla Senza Mani si trasformasse, davanti alle forze negative che bramano la sua essenza, la sua vitalità e la sua freschezza, in una preziosa e rara Pianta Medica capace di autoproteggersi.

In modo istintivo e autonomo, in base ad una sapienza che pare affiorare alla sua memoria direttamente dal perineo, LEI SA.

Attingendo direttamente da memorie antiche di un femminile arcaico e potente.

IL CERCHIO era una pratica fondamentale. Oltre a quello fisico, le Raccoglitrici ne tracciavano uno aggiuntivo anche nel TEMPO e nello SPAZIO. In diversi modi.

Prima di tutto, cantando delle litanie, delle invocazioni, delle formule di tradizione pagana (poi trasformate in Carmina dal cristianesimo) le cui strofe “girassero in cerchio”.

Poi compiendo fisicamente 3 giri all’indietro intorno alla pianta, e ripetendo il procedimento per 3 venerdì consecutivi; in questo caso veniva preferito il venerdì per l’intento della pozione in quanto, in quella giornata, la dea Venere avrebbe dato il suo contributo per la realizzazione, ad esempio, di un filtro d’amore.

Nel caso della Verbena, una delle formule magiche recitate o cantate durante i 3 giri era questa:

O pega vervena, o pega, o pega, Lucia vervena, Lucia vervena, Lucia, o Luna, Luna“.

Era prevista un’offerta di grano o di metalli preziosi presso la pianta per tutta la notte, prima di raccoglierla.

Le tradizioni e gli esempi da citare potrebbero essere infiniti.

Ma ciò che è importante è che tutto questo non era semplice superstizione, ma un modo per essere presenti a noi stesse e, contemporaneamente, al Mondo di Natura.

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