Hansel e Gretel: come liberarsi dai Rami Secchi

Hansel e Gretel: come liberarsi dai Rami Secchi

“Quando furono arrivati in mezzo alla foresta, il padre disse: «Raccogliete un po’ di legna, bambini, voglio accendere un fuoco perché non vi prenda freddo». Hansel e Gretel raccolsero rami secchi fino a farne un bel mucchio, al mucchio fu dato fuoco e quando le fiamme furono alte, la donna disse: «Sdraiatevi accanto al fuoco e riposatevi, bambini. Noi andiamo a spaccar legna. Appena finito torniamo a prendervi».

Hansel e Gretel se ne stettero accanto al fuoco, e quando fu mezzogiorno ciascuno mangiò il suo pezzettino di pane. Sentivano i colpi di scure, perciò credevano che il loro babbo fosse nelle vicinanze. Ma non era la scure, era un ramo che il babbo aveva legato a un albero secco e il vento lo sbatacchiava in qua e in là. Poi, dopo un pezzo che se ne stavano seduti lì, ai due bambini si chiusero gli occhi dalla stanchezza e si addormentarono”.

Nel loro lungo Viaggio Iniziatico, Hansel e Gretel vivono inizialmente un moto oscillatorio: la prima volta che il papà e la matrigna li abbandonano nel bosco, i due fratellini riusciranno a tornare indietro, a tornare a casa, con lo stratagemma dei sassolini, un po’ come Pollicino.

Il rumore del ramo secco che conforta i due fratellini facendo loro credere che il papà sia nelle vicinanze, crea nella fiaba una suggestione fortissima.

Tutta la storia, infatti, gira intorno al grande tema dell’Inganno, della fiducia tradita, dell’ingenuità fanciullesca che deve lasciar posto alla scaltrezza e al coraggio.

Hansel e Gretel dovranno penosamente imparare a distinguere il Falso dal Vero.

Quante volte, nei momenti di grande trasformazione della nostra vita, diciamo di voler tagliare i Rami Secchi.

Siamo capaci di farlo chirurgicamente non solo con persone e relazioni, ma anche con situazioni lavorative, oggetti, città, mondi interi, con tutto ciò che ad un certo punto sentiamo non corrisponderci più.

A volte il processo non avviene di colpo, ma con un avanti e indietro psichico, su di un’altalena che aumenta il suo dondolio man mano che la nostra insofferenza cresce.

La prima volta, al primo abbandono, Hansel e Gretel proveranno il sollievo dell’essere di nuovo a casa, ma non avendo completato la loro esperienza di crescita, non avendo ancora vissuto fino in fondo alcuna avventura significativa, a breve si ritroveranno a dover rivivere da capo lo stesso trauma, senza più serbare neppure la speranza: gli uccellini divorano tutte le briciole di pane, le famose briciole del cammino a ritroso.

Era ormai la terza mattina che erano fuori di casa.

Ricominciarono a camminare, ma la foresta si faceva sempre più fitta…“.

Ecco che la scena cambia e la suggestione cresce: sopra le loro teste adesso non ci sono più tronchi sottili e rami secchi, non ci sono più le finte contrazioni del prodromo.

È solo adesso che comincia il vero travaglio di nascita e rinascita, con tutto il corteo di simboli possibili e immaginabili: le ombre del bosco inizieranno ad aumentare e ad infittirsi, finché Hansel e Gretel arriveranno al Centro della Radura, ospitante la dolcissima e diabolica Casa dell’Inganno.

Quanta paura abbiamo avuto tutti quanti noi bambini, noi lettori, della Strega di Hansel e Gretel, l’unica strega al mondo bruciata viva di cui siamo stati tutti felici e contenti.

Quanta soddisfazione abbiamo sentito per la trovata geniale di Hansel che dava l’osso di pollo da tastare alla vecchia! E di tutti quei finti “Non sono capace” di Gretel? Ancora di più!

Il primo fa finta di essere magro magro, l’altra di essere stupida e inetta.

L’anticamera della liberazione: smettere di dare la propria esatta posizione per tutto il tempo.

Ai due bambini non importa che la strega li approvi e li valuti positivamente. A loro non interessa il giudizio della vecchia! Hanno capito il suo gioco avido ed egoista, non hanno alcuna paura di non essere visti o apprezzati da lei, anzi: nella fiaba, tra l’altro, la strega è cieca quasi come una talpa, e questo risulterà essere il loro asso nella manica.

Quante volte ci ritroviamo a tentennare, a non tagliare i nostri rami secchi perché ci teniamo troppo all’opinione dei nostri stessi carcerieri. Siamo lì tutti concentrati a voler dimostrare quanto siamo bravi e corrispondenti alle aspettative, anche dopo aver capito che la nostra energia vitale sta per essere divorata e che il forno che ci cucinerà è ormai caldo a puntino.

Perché ci hanno insegnato a non mentire, a non deludere, a non reagire, ad accettare. A cliccare mille volte al giorno su quell’infido “I agree”, sono d’accordo, altrimenti non si può procedere.

Ma in fondo sappiamo che la verità non è questa.

Se la verità è da qualche parte, di certo non è nella gabbia.

Piuttosto sarà nel cuore della foresta, nel cuore delle fiabe nere, sarà nel momento più oscuro della trama, dove le vere nostre forze spesso si concentrano. Solo quando avremo trasceso i bisogni di base, quando non ne vorremo più di quel marzapane nauseabondo perché finto e velenoso, quando avremo fatta fuori la strega, solo allora potremo smettere di scappare e dedicarci con calma al recupero della vera ricchezza.

Com’erano felici! Si abbracciavano, saltavano, si baciavano! E siccome non avevano più nulla da temere, entrarono nella casa della strega dove c’erano casse piene di perle e gemme da tutte le parti. «Queste sono meglio dei sassolini» disse Hansel e si riempì le tasche finché ce ne entrarono. «Anch’io voglio portare a casa qualcosa» disse Gretel, e riempì il suo grembiulino”.

Ecco la vita che si rinnova: dal buio del ventre delle terra, il simbolico Forziere, arrivano le gemme; dalle profondità degli abissi, le ostriche donano perle luminosissime. E’ questa la nuova ricchezza incorruttibile di Hansel e Gretel, non i sassolini, non le briciole, non la finta umiltà.

La foresta, durante la strada del rientro, tornerà ad avere un aspetto familiare: gli alberi non saranno più secchi né opprimenti, ma rimanderanno adesso, all’anima di Hansel e Gretel, la gioia più grande che un essere umano possa portare nel cuore: il suo sacro e indiscusso diritto non solo ad esistere, ma di quel godere a pieno, senza mai più stenti, dei frutti della sua sacra e inviolabile esperienza di crescita.

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