Dentro un Alchechengio

Dentro un Alchechengio

L’Alchechengio è lanterna, è il fagotto del Matto dei Tarocchi, è scrigno magico, è leggenda segreta.

Se raccolto e conservato, è quasi imperituro, eppure così fragile.

Il suo ramo è sottile, effimero, ma riesce a caricarsi di frutti che più non si può, a riempirsi di questi assurdi prismi arancioni, tondi ma non tondi, trasparenti però opachi, con quella simpaticissima biglia perfetta al centro, lucida e invitante.

L’alchechengio sa di esotico, di meraviglia, ma anche di una luce familiare, dal rimando così rassicurante che ci sembra di conoscerla da sempre.

Come ci trasporta bene, quest’idea di Alchechengio, alla descrizione della CASA, un’idea così semplice eppure così complessa, tale che solo gli antichi sapevano descrivere al meglio, non solo nel Mito ma soprattutto nelle Fiabe.

Erano Estia ed Ermes gli Dei incaricati di rappresentarla insieme: Estia (Vesta per i Romani) era la casa interna, privata, lo spazio intimo, l’accoglienza, quel saper Esserci, così pieno di nutrimento.

Estia è la bacca, il seme dell’alchechengio, dal sapore asprigno perché inselvatichito nella sua dimensione isolata, ma che può diventare dolcissimo con il suo mettersi a disposizione di chi bussa alla porta. Tingendo i cuori di vermiglio, lo stesso arancione del focolare.

Ermes, invece, nel simbolo della Casa, proteggeva e rappresentava l’uscio, la porta psicopompa di comunicazione dell’esterno con l’interno, e quindi lo scambio dell’Io con il Mondo.

Ermes-Mercurio nell’Alchechengio è quella membrana che sembra di carta, né squadrata né rotonda, quella protezione che sa essere leggera eppure così evidente, croccante ed elastica, con quella trama in controluce che incanta come filigrana divina.

Se il Riccio e la Castagna si prestano ad essere la metafora perfetta della Casa per i bambini più piccoli, con tutta l’evidenza della protezione più forte che possa esserci, l’Alchechengio risulta invece più affascinante per i ragazzi più grandi, alla soglia del grande cambiamento della Pubertà. O di qualunque altro cambiamento importante della nostra vita.

L’Alchechengio dondola, oscilla, “scampanella”.

La Casa Mobile o Semovente rappresenta, in questo senso, un diaframma più incisivo per il nostro inconscio.

La Casa Mobile compare in tutte quelle storie capaci di condurci in quella nostra radura interiore colma di inquietudine.

Nelle fiabe compaiono case sull’albero come quella del Barone Rampante o di Tom Sawyer, case con le zampe di gallina che corrono e girano in tondo come quella della “Baba Jaga”, case attaccate ai palloncini come nel cartone moderno “Up” (meravigliosa sintesi di Estia-radicata ed Ermes-svolazzante).

O ancora: la torre degli ospiti indesiderati di Merlino tutta sconnessa e dondolante, case temporanee viaggianti come il carrozzone di Pinocchio o la pancia della balena di Geppetto, le scale che cambiano di continuo a Hogwarts in Harry Potter …

E poi il Castello Errante di Howl, e ancora, e ancora e ancora …

…Fino ad arrivare al pianeta Terra, la nostra casa più grande: il nostro mondo così solido e fisso, eppure così in movimento.

Così pazzesco e cinetosico se non aggiustiamo di continuo la nostra linea dell’orizzonte, con i nostri riferimenti che devono necessariamente cambiare di continuo, dove ci viene chiesto di trasferirci da case di paglia, a case di legno, per rifugiarci addirittura nelle fortezze di mattoni, se e quando il pericolo si avvicina.

Stando però attenti a non perdere mai il Senso del Gioco e rimanere leggeri, magari dondolando anche noi come Alchechengi cullati dentro le prime brezze dell’autunno, o come sette miliardi di elefanti sopra il filo di una ragnatela.

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