Antichi PortaErbe

Antichi PortaErbe

Tantissime pagine di storia non sono mai state scritte, tanto vissuto popolare è passato in sordina, come sotto incantesimo, quasi senza lasciare traccia.

Non so bene il perché, e non so bene il perché stia succedendo adesso ma, di colpo, STIAMO COMINCIANDO A RICORDARE.

Come Pollicino, stiamo ritornando sui nostri passi e ripercorrendo la strada di casa.

Perché stiamo comprendendo che RICORDARE VUOL DIRE ONORARE.

Stiamo riportando alla memoria che sono esistite delle figure legate al mondo delle Piante che non hanno mai abbandonato gli abitanti dei paesini sperduti, quelli luoghi remoti incastrati nelle campagne, nelle gole dei monti, là dove il medico non andava mai, dove sopravvivere ad una tonsillite non era uno scherzo.

Non c’erano solo le Anziane, le Sagge e le Herbane.

Ogni tanto, una o due volte all’anno, arrivavano loro: gli AMBULANTI.

Come in ogni categoria, esistevano di certo i ciarlatani, gli imbroglioni e gli improvvisati, ma quelli ti fregavano una volta e poi non li vedevi più. Di solito erano quelli sui carri a rifilarti le pozioni fasulle e gli intrugli a vuoto, quelli a cavallo.

Ma c’erano anche loro: quelli che nei paeselli ci andavano A PIEDI.

Qui nel NordEst camminavano instancabilmente dal Friuli all’Austria, in continue andate e ritorni di raccolta, di lavorazione delle piante, su e giù, avanti e indietro, dalla Stiria a Venezia.

Esistevano naturalmente in tutta Europa.

Nella regione dell’Alt Urgell, in Catalogna, per un paio di secoli (dal Settecento ai primi del Novecento) girarono i TREMENTINAIRES, dei guaritori esperti di erbe, di rimedi, di raccolta.

La trasmissione di queste conoscenze avveniva solo per via orale.

I Trementinari di solito giravano in coppia, assentandosi da casa anche per parecchi mesi.

Per decine di chilometri, lì dei Pirenei, trasportavano sulle spalle fascine di Timo Serpillo, Rodiola, olio di Ginepro, di Abete, ma soprattutto TREMENTINA, la resina del Larice, lavorata e confezionata da loro, da cui il loro nome.

Una o due volte all’anno percorrevano gli stessi itinerari, facendosi ospitare di notte sempre nelle stesse case, diventando quasi di famiglia, perché QUANDO CONDIVIDI PROCESSI IMPORTANTI COME LA GUARIGIONE il legame che si crea è magico.

Durante quelle camminate al freddo, la Trementina si solidificava e diventava come pietra rossa. Quel solido cristallino era diverso per ogni trementinaio, ognuno aveva la sua tecnica e la sua ricetta.

Moltissime trementinare erano donne.

Poi quella sera, al caldo, ci si riuniva tutti nella casa che li ospitava.

Si mangiava insieme e i Trementinari mostravano come sciogliere su fuoco quei cristalli rossastri, come applicare quella sorta di cataplasma sulle distorsioni, sui morsi di serpente, sui petti bronchitici, sulle dita infiammate dalle gelate.

Poi ripartivano e di loro non si sapeva più nulla, fino all’anno dopo.

Erano fantasmi guaritori che sembravano arrivare da una dimensione onirica, girovaghi delle montagne rimasti senza nome, senza registri, quasi senza traccia.

Ma il profumo del larice, quello sì, quello sicuro che rimane.

Un albero di LUCE, un albero potentissimo. Il Larice è la Conifera che segna il RITMO delle stagioni, l’unica non indifferente alle estati e agli inverni.

Il Pulsare della sua linfa è un orologio preciso, gli abitanti delle montagne lo sentivano, appoggiavano le orecchie sui tronchi: abbiamo sempre saputo, per istinto, che le Piante collaborano in modo misterioso, inspiegabile e misericordioso, alla nostra guarigione e al nostro nutrimento, dalla notte dei tempi.

Lo sappiamo un po’ per istinto, ma un po’ anche grazie alle scene ripetute.

Si è sempre imparato così. Con le ripetizioni, ripetizioni, ripetizioni.

Molto spesso ci diamo addosso con frasi sacre:

“Mi pare di essere tornato allo stesso punto di prima”.

“Sto girando in cerchio”.

“Ritorno sempre nella stessa situazione”.

“Ma come è possibile”.

È possibile perché è questo il moto di tutti gli eroi delle fiabe e dei miti.

È questo il moto dei Trementinaires.

È questo il moto del sangue, della linfa, del cosmo.

È il circolo il segno curativo, lo stesso cerchio con cui si spalmano gli unguenti sul cuore.

E allora buone Viandanze in Tondo,

cari Amici ErboNarranti,

e che Giri dell’Oca

e Ghirigori Portentosi siano.

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